“Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, le disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda”. La rana gli rispose: “Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!”. “E per quale motivo dovrei farlo?”, incalzò lo scorpione. “Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei”.
La rana stette un attimo a pensare poi, convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. A metà del fiume la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per annegare la rana chiese all’insano ospite - "perchè l'hai fatto, ti rendi conto che adesso morirai anche tu?" “Si lo so – rispose lo scorpione – ma è più forte di me, è la mia natura”. (Attribuito a Esopo)
Il dibattito sulla natura del cinema e sulla opportunità di utilizzarlo per fronteggiare situazioni che esso stesso
contribuisce a creare, coinvolge ciclicamente la scuola da quando negli anni Cinquanta i proiettori 16mm ronzavano nelle sale parrocchiali e torme di ragazzini in grembiule nero divoravano le immagini sfarfallanti di “Marcellino pane e vino” o di “Cielo sulla palude”, storia di Maria Goretti.
Oggi la situazione sembra cambiata, apocalittici e integrati1 sono definitivamente sepolti sotto l’onda di piena
della comunicazione globalizzata e una seria educazione ai media è riconosciuta da tutti come la grande sfida che la scuola dovrebbe comunque affrontare. Ma il rapporto del cinema con la scuola ha più di cento anni e non sempre è stato un rapporto felice.
La breve storia, che qui pubblicherò compatibilmente con il tempo, ne descriverà le fasi principali. Dal punto di vista dei significati, piuttosto che degli eventi.